Twitter: sempre più aziende hanno follower fasulli

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Twiter follower fasulli

Così come per Facebook ove è stato ed è tutt’ora possibile osservare numerose pagine che vantano uno spropositato numero di “finti” iscritti anche su Twitter, già da qualche tempo a questa parte, la pratica dei “falsi” follower sembrerebbe essersi diffusa in maniera sempre maggiore.

Su Twitter, infatti, si sà: gli account che dispongono di numerosi iscritti fanno riferimento o a persone o organizzazioni divenute celebri o, ancora, è qualcuno che scrive cose particolarmente interessanti.

Tenendo conto di ciò sono diversi gli account che, già da qualche tempo a questa parte, hanno iniziato ad utilizzare metodi poco ortodossi per incrementare il proprio numero di follower nel tentativo, almeno nella maggior parte dei casi, di guadagnare notorietà.

Un nuovo utente che dovesse imbattersi in un profilo molto seguito avrebbe sicuramente un’impressione alterata su di esso.

Secondo una recente indagine realizzata dall’università Iulm di Milano e condotta dal professor Marco Camisani Calzolari per circa 7 aziende su 13 oltre il 20% dei follower evidenzia comportamenti automatizzati.

Considerando quanto appena affermato sarebbe quindi necessario poter comprendere se un follower sia una persona reale o un cosiddetto boot in grado di rispondere sulla base di una specifica sequenza temporale, che non dispone di un’immagine sul proprio profilo o, ancora, che present varie altre situazioni sospette.

Al momento, purtroppo, non risulta disponibile un sistema attendibile che consenta di capirlo ma già il lavoro svolto sino a questo momento dal sito Twitaholic, specializzato nella compilazione di classifiche legate a Twitter, può essere considerato come particolarmente utile in tal senso.

Twitaholic ha infatti realizzato una graduatoria mediante cui è stato possibile apprendere che su scala globale DellOutlet è il canale aziendale avente il maggior quantitativo di finti follower o, per meglio intenderci, di follower automatizzati, con circa il 46% sul totale seguito poi da WholeFoods, con il 44,33%, e JetBlue, con il 36,64%.

In Italia, invece, a dominare è Ikea con una percentuale pari a circa il 46% ma anche Vodafone, con il 38,77%, e 3Italia, con il 35,8%, non sono da meno.

Via | La Repubblica.it

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