OpenBook, la privacy su Facebook non esiste

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Chi si fida di Mark Zuckerberg? Nessuno, verrebbe da dire. Perché il creatore di Facebook, o forse solo furbo ladruncolo di idee geniali, anche se ricco e famoso, di certo non sembra interessarsi dei 400 milioni di utenti che ogni giorno affollano i profili del SN. Adesso, a insidiare la buona fede di questo ventiseienne in carriera, specialmente per quanto riguarda le falle nelle impostazioni sulla privacy di Facebook,  arriva anche un gruppo di ingegneri di San Francisco, che ha creato un sistema per svelare quanto siano profonde queste mancanze: è arrivato OpenBook.

Titolo emblematico, OpenBook significa proprio “libro aperto“, ed è un vero e proprio motore di ricerca di updates dei profili Facebook. Da OpenBook si possono scoprire le cose più disparate: tradimenti, giudizi su capi e su mariti, confessioni. Inconsapevolmente, ognuno di noi lascia sulla propria bacheca messaggi che parlano della nostra vita e della nostra intimità. Spesso, questi status non sono protetti e vagano per il web finché qualcuno, attraverso furbe parole chiave, non le scova.

Accanto a quella dichiarazione, a quel “Odio il mio capo“, c’è un nome e un cognome, una faccia precisa: quella dell’utente che l’ha digitata sulla propria bacheca. Quelli di OpenBook, ben lungi dall’essere meramente vogliosi di curiosare nella vita altrui, hanno solo dimostrato che è facilissimo arrivare agli updates di tutti, perché, evidentemente, qualcosa non va nella tanto decantata privacy di Facebook.

E d’altronde, sul sito, in alto a destra, una frase campeggia a raccontare del signor Zuckerberg e della sua dedizione verso i lettori: “Si fidano di me. Poveri scemi“, pare abbia detto. Una frase che ha fatto il giro del mondo e che rivela il grado di attenzione del creativo inventore di Facebook ( o del ladruncolo che ha soffiato l’idea, sempre lui), riservato agli utenti che lo hanno reso una celebrità. E uno studentello imberbe ricco sfondato.

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