I neonati USA già sui social network

 

Non è una barzelletta, ma il nuovo paradosso made in USA. Secondo i dati diffusi dalla Internet Security Company AVG, negli Stati Uniti d’America, oltre il 92% dei neonati e dei bambini al di sotto dei 2 anni, già possiede un’identità on line sui social network ed un indirizzo e-mail, oltre ad essere già presente su almeno un blog.

Queste azioni, ovviamente non sembrano poter essere fatte dai bambini per una questione meramente fisica, ma fatte dalle manie di protagonismo che i genitori già vogliono per i propri figli. La pubblicazione di foto, le informazioni su quello che fanno e tanto altro, quindi, creano un aggiornamento ufficiale della loro vita già on line.

Giorgio Jannone cancellato da Facebook interroga il Governo

 

Un caso un po’ particolare che spesso è accaduto ai “comuni mortali”, ma che non ha generato lo stesso rumore che si sta avendo in questi giorni per il caso di Giorgio Jannone. L’onorevole, che come tanti personaggi pubblici disponeva di un account di Facebook, si è visto disabilitare il proprio, senza una motivazione valida (almeno da quanto dichiarato) e soprattutto senza un messaggio preventivo per avvisarlo di un eventuale comportamento sbagliato.

La sua Interrograzione al Governo, ha incluso anche gli altri casi dell’Onorevole Matteo Salvini ed il giornalista antimafia Nino Randisi che si sono visti cancellare gli account pochi mesi prima. Per questo motivo, l’Onorevole, ha inviato una e-mail all’assistenza di Facebook e solo dopo tre settimane ha acuto risposta ed ha visto riattivarsi il suo account.

Facebook Places è pericoloso?

 

Si direbbe proprio che postare la propria posizione geografica in ogni momento attraverso Facebook Places, non sia una delle mosse più felici che si possano fare per alcune ragioni che andiamo a vedere insieme. Sicuramente, il “diritto a menzognare“, quello che viene a mancare non appena rendiamo pubblica la nostra postazione. Quante volte capita di dire per lavoro o altro che siamo altrove?

Pubblicando su Facebook Places le proprie postazioni, seppur quel qualcuno a cui si è mentito non è nostro amico, si potrebbe comunque trovare a colloquiare con i nostri amici (senza saperlo) e parlare di noi, scoprendo dove siamo. Facebook Places, quindi, primo nemico della privacy, forse più di tutte le altre pecche di Facebook.

Messaggi costanti su Facebook equivalgono a stalking

 

La Cassazione ha dichiarato in questi giorni punibile con l’accusa di stalking, la persecuzione di un utente con messaggi continui attraverso Facebook. Ad attuare il provvedimento è stata la Magistratura Penale. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, è ritenibile da punire per stalking anche chi perseguita con tag fatti su foto e video oltre che i messaggio continui sul social network. La sentenza identificativa del provvedimeno è la numero 32404 del 30 agosto 2010.
Il caso che ha fatto esplodere la scintilla è stato discusso dalla Corte Suprema che ha confermato la custodia cautelare pronunciata dal Tribunale di Sorveglianza di Potenza nei confronti di un uomo adulto, indagato per aver inviato una serie di filmati con contenuti osceni e fotografie personali e non a luci rosse alla propria ex. Per lui la colpa di aver commesso “atti persecutori di cui all’art. 612-bis c. p., introdotto con il D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 meglio noto con il termine anglosassone “stalking”.

Truffe su social network tramite i personaggi famosi

 

Oggi parliamo di pishing e di personaggi famosi, o meglio i fake dei personaggi famosi. Un fake è una persona che realizza una identità personale fasulla on line a scopo di estorcere denaro oppure carpirne i dati personali. Il più gettonato in questo senso, si sta muovendo per combattere questi fake. Parliamo di Snoop Dogg, uno tra i più celebri rapper degli Stati Uniti d’America, che seppur abbia avuto un passato da recluso in carcere, sembra essersi mobilitato in primis per il sociale.

La campagna che sta tentando di avviare ha uno stretto rapporto con i social network, infatti non si tratta di canzoni che hanno come tema violenza, droga o quanto altro, ma parliamo di attività di sensibilizazzione contro il cybercrimine.

Germania: privacy dei dipendenti prima di tutto

 

Si è tanto parlato delle possibilità offerte in mezzo mondo ai datori di lavoro di “spiare” i propri dipendenti di quello che fanno e come trascorrono la loro vita privata anche al di fuori dell’ufficio, utilizzando i social network ed in particolare sfruttando il motore di Facebook. Di questi discorsi, si sono riempiti interi fascicoli nei settori delle risorse umane nelle aziende e soprattutto si è diffuso un senso d’ansia in tutti i dipendenti, che si sentono sempre sotto esame sapendo che i propri profili di Facebook dovevano avere una sorta di serietà imposta.
Ma come è ben noto, più che informazioni da curriculum l’account di Facebook include informazioni sugli orientamenti sessuali, le situazioni familiari e le foto che fanno una chiara documentazione su ciò che si fa e ciò che si è fatto.

Facebook Places, come disattivare il tagging


Facebook Places non solo permette di segnalare su Facebook dove vi trovate in questo preciso momento (come per Foursquare o Gowalla), ma consente anche agli altri iscritti al network di rintracciarvi e scoprire se siete nelle vicinanze, per taggarvi in quei posti. Un po’ inquietante, non trovate? 

Se ci tenete alla vostra privacy, e non desiderate far sapere a tutti dove siete e cosa fate, ecco come fare per disattivare il tagging dei posti di Facebook Places.

Il capo diventa voyeur con i social network

 

Privacy, privacy ed ancora privacy. Oggi si parla di statistiche e soprattutto del valore che ha la privacy in quell’ambiente che è una via di mezzo tra casa propria ed un luogo del tutto estraneo: l’ufficio. Secondo l’inchiesta condotta dalla Associazione italiana per il marketing, le vendite e la comunicazione (Adico), i manager hanno il pallino del voyeurismo. Infatti, analizzando i comportamente di 412 manager di Marketing italiani si è notato che oltre il 30% degli intervistati ammette di utilizzare i social network e nello specifico Facebook, LinkedIn e Twitter per andare a “spiare” (anche se il termine usato più spesso è stato controllare), i dipendenti ed i colleghi di lavoro.

E quanto lo fanno? Il 20% poco, il 7% ogni tanto e risposta imbarazzante per il 5% che ammette di farlo più volte quotidianamente. Secondo Michele Cimino, il presidente di Adico, è però un dato che può sembrare sovrastimato perchè questa abitudine può essere considerata pessima anche considerando che i rapporti tra le parti possono corrodersi in caso di controllo eccessivo: “Io ritengo, sulla base della mia esperienza quotidiana, che molti colleghi utilizzino specifici social network nella corretta maniera per annotare il profilo professionale di un collega o di un candidato.

Profanare una password porta alla denuncia

 

E’ capitato nuovamente sulla piazza virtuale del web: Facebook. Una giovane ragazza di 19 anni, residente a Serradifalco, nella verde provincia di Caltanissetta è stata denunciata alle autorità competenti per una violazione fatta su Facebook. L’accusa specifica è di violazione del Codice Civile in materia di Protezione dei Dati Personali ed abuso della Privacy altrui.

Qual è stata la sua colpa? Molto semplicemente la giovane sarebbe entrata nell’account di Facebook di una sua compagna compaesana in maniera abusiva, senza la sua autorizzazione. Dopo aver avuto accesso si è divertita a cambiare la password facendo si che la titolare vera non avesse più accesso al social network.

Invasa la privacy di Zuckerberg…ma non su Facebook

 

Ebbene chi di “spada ferisce, di spada perisce”. La cultura popolare ha sempre ragione ed è proprio il caso di Mark Zuckerberg, che da sempre all prese con le questioni legali legate al suo Facebook riguardo la materia di tutela dei dati personali, ecco che si trova invaso nella sua intimità.
L’invasione però non riguarda affatto un profilo virtuale oppure attività lavorative, bensì parliamo della reale vita quotidiana e cioè quello che tutti i giorni fa il giovane CEO del social network più famoso al mondo.

Dati utente di Facebook liberi nel web su Torrent

Continuano i problemi di privacy per gli utenti di Facebook, e questa volta sono veramente gravi. I dati di oltre 100 milioni di iscritti al social network in blue, infatti, sarebbero contenuti tutti in un pacchetto diffuso su Torrent per un totale di 2,8 Gb di materiale che contiene foto, video e documenti di testo contenenti informazioni private, ed alcune bacheche complete.

L’autore di questo pacchetto, da alcune indagini dovrebbe essere un certo Ron Browes di Skull Security, che avrebbe raccolto tutto il materiale grazie ad un crawler realizzato ad hoc e che gira su Facebook alla ricerca di tutti i profili aperti al pubblico, approfittando del periodo di cambiamento delle modifiche effettuate alle impostazioni di privacy di Facebook.

Facebook è un guardone

 

Ad affermare che Facebook è un guardone è stata l’Associazione di Consumatori Congiunti per l’Italia, che in maniera molto scrupolosa e attenta si è andata a leggere ed analizzare tutta la Normativa sulla Privacy del social network (cosa che dovrebbe fare ogni utente prima di mettere il segno di spunta accanto ad “Accetto”).
Secondo i report riassuntivi forniti dall’Associazione, Facebook tramite la sua Policy, si fa dare l’autorizzazione per utilizzare le nostre informazioni in ambito commerciale, a prendersi tutti i diritti di ripubblicazione dei nostri contenuti comprese foto e video ed inoltre a monitorare i nostri messaggi e le nostre chat.

Per la Cina, Facebook è una spia dell’Occidente

 

La dichiarazione viene fuori dall’Accademia Cinese di Scienze Sociali, un organo superiore sotto il diretto controllo del regime Cinese. Secondo questi ultimi, Facebook ed altri social network (MySpace e YouTube in primis), sarebbero dei servizi che vengono sfruttati prepotentemente dalle intelligence occidentali per raccogliere informazioni di dominio sugli altri popoli. La creazione di questi mezzi di comunicazione nasconde sotto sotto una vera e propria arma sociale.
Sembra un paradosso, ma queste dichiarazioni veramente sono state fatte. Secondo il governo cinese, non esiste alcun tipo di privacy e d’altronde gli studi dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali, che vengono pubblicati come rapporto annuale, non si sono mantenuti in parole diffamatorie contro i social media del web made in Occidente.

Facebook non pubblicizza The Social Network

 

Mancano solo pochi mesi all’uscita di The Social Network, il lungometraggio che è diretto da David Fincher e basato sullo sviluppo e sulla vita di Facebook. Proprio a pochi mesi di distanza dal lancio, il social network (quello vero) ha comunicato che non ha la minima intenzione di pubblicizzare il film nella sua sezione marketing. Molto semplice intuire le motivazioni di questo “rinnegare”. Il biotopic realizzato da Fincher, non vedere proprio con occhi “innamorati” la vita e le opere del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg e non dipinge proprio con giustizia tutti i protagonisti della vicenda Facebook, dal progetto fino all’attuale popolarità data dai suoi circa 500 milioni di utenti.
Il film, infatti, come già abbiamo annunciato in precedenza tira fuori alcuni dei lati più oscuri del social network, parlando di liti, ricatti e contratti fatti nel retroscena della nascita di Facebook. Sicuramente, ci sarà molto rumore anche perchè tutti i media parlano già di scheletri nell’armadio del giovane Mark Zuckerberg.