Nuove richieste di paternità di Facebook

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Ma chi è il vero padre fondatore di Facebook? Sul serio Mark Zuckerberg ha fatto tutto da solo? Nell’attesa che esca nelle sale cinematografiche The Social Network, che ci ha promesso di raccontare qualcosa in più sulla vicenda della nascita del social network in blue, ecco che un nuovo nome esce fuori sulla presunta paternità del network.

Parliamo di Paul D. Ceglie, uno sviluppatore di applicazioni e siti web di New York che ha fatto causa per danni a Mark Zuckerberg sull’argomento Facebook e su un presunto contratto firmato da entrambi nel 2003. Paul D. Ceglie nell’atto di accusa, sostiene di avere la maggioranza della proprietà di Facebook, basandosi sul fatto che per una sua prestazione di progettazione grafica e sviluppo non è mai stato pagato dallo stesso Zuckerberg.

Questo fatto, lo renderebbe proprietario degli sviluppi ancora fatti. Oltre a questo, Paul D. Ceglie dichiara di essere stato ingaggiato tramite un contratto per sviluppare un sito dal nome www.thefacebook.com che aveva come oggetto la grafica di Facebook (l’originale di oggi) e di essere stato pagato per lo stesso soli 1.000 dollari, ma con una clausola di possesso del 50% del sito  e l’1% di interest in the business per ogni giorno di lavoro fatto dallo stesso programmatore a partire dal gennaio 2004, fino alla conclusione del progetto.
Secondo quanto detto dalla stampa, comunque, Paul D. Ceglie è un tipo di personaggio che ci sa fare con gli affari e secondo le sue dichiarazioni ad oggi sarebbe il possessore di ben l’84% di Facebook. Ovviamente il team del sito e lo stesso Mark Zuckerberg nega il tutto e minimizza la situazione identificandola come una “Causa ridicola impiantata per farsi pubblicità”. Fatto sta che la Contea di Allegany nello Stato di New York ed il giudice che segue il caso Thomas P. Brown, ha ordinato che in attesa di una decisione definitiva tutti gli assets di Facebook vengano bloccati e di conseguenza, le proprietà attuali devono rimanere invariate.
A Facebook la facoltà di rispondere in 30 giorni a queste accuse.

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