Lost, spoiler del finale: le due facce del web

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La rete ha aperto un mondo di interazione per gli utenti, che si allontanano progressivamente dalla tv. Ci sono però dei casi in cui paradossalmente internet non fa altro che enfatizzare e diffondere il successo di un programma televisivo e quindi spinge i nuovi utenti e le nuove generazioni, abituate a condividere tutto e “vivere in streaming” online, a stare aggiornati su quello che accade.

È il caso di Lost. La serie tv deve infatti molto del suo successo al web, che ne supporta le stagioni con ogni mezzo: episodi on-demand su iTunes, profili aggiornatissimi su Twitter e Facebook. Senza contare blog e forum dedicati ai fan, passando per Lostpedia, l’enciclopedia per i Lost-dipendenti.

Nel 2008 Lost è stata nominata la trasmissione televisiva più popolare sul web. Tutto ciò può però anche rivoltarsi contro gli stessi appassionati quando si tratta di non voler sapere,  prima di vederla, come una serie va a finire. Il finale, che ha scatenato in questi giorni il delirio dell’anticipazione, ha costretto infatti gli spettatori affezionati alla serie di Lost a disconnettersi completamente per non inciampare in informazioni indesiderate.

Sono i cosiddetti spoiler, gli avvertimenti di troppo, le rivelazioni indesiderate che “rovinano” il finale, in agguato ovunque e comunque. Sul web si trovano soprattutto nelle discussioni e nei post di coloro che vogliono a tutti i costi discutere dell’ultima puntata appena la vedono e quindi spiattellano tutto al popolo indifeso di internet.

La comunicazione immediata sulla rete, quindi, la sua capacità di informare in tempo reale su qualsiasi dettaglio del mondo, è una lama a doppio taglio. Gli spoiler sono sempre in agguato: tra tweet, thread e discussioni sui forum, l’unica soluzione è disconnettersi, almeno per un po’.

17 commenti su “Lost, spoiler del finale: le due facce del web”

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  2.  V.S.Gaudio
     L’oggetto “a” e l’eterotopia dell’esclusione dell’Altro in “LOST”

    Di “Lost” ho visto le prima stagione, poi la terza, mi pare, su “Fox”(che qualcosa vorrà dire vista la cura che si ha nel focalizzare la libido ubiquista di Matthew Fox).
    Poi,sin dalla quarta non l’ho seguito più, l’eterotopia[si è dalle parti di Michel Foucault, Le eterotopie[1966], in:Idem, Utopie Eterotopie, trad. it. Cronopio, Napoli 2006] non era più nella dolcezza dell’utopia, anche perché non poteva rimanere a lungo in questa dolcezza poiché l’eterotopia non è mai un luogo preciso e reale, un luogo che si può localizzare su una carta[come sembra che finisca con l’esserlo l’isola tropicale culmine dello schianto del volo 815 Sydney-Los Angeles, che, nella bolla dell’esotismo radicale, dove resta soltanto l’estraneità dello straniero, l’irredentismo dell’oggetto, cioè questa indistruttibilità dell’Altro, e la sua fatalità indistruttibile, come asserisce Jean Baudrillard, si radicalizza al contempo introvabile e irriducibile,ancorché sia interrata sempre nella vita privata; insomma, J.J. Abrams ci perdoni se, nonostante il volo e l’annientamento del privato da parte della longitudine e della latitudine, qui si va addirittura dall’emisfero sud a quello nord, questa anamorfosi della Terra, sempre allusa dal viaggio iniziale e poi ripetuto, non sfugge all’illusione dell’intimità].
    “Lost” è un contro-spazio, non è dentro le regioni di passaggio,le strade, i treni,le metropolitane, i caffé, i cinema, le spiagge, gli alberghi, è come il Vaticano, una sorta di eterotopia in relazione col tempo, con una eternità circolare, che gira, come la fiera, che sta ai bordi o al centro della città, che fa fermare il tempo o lo deposita all’infinito in questo suo spazio privilegiato. Che è legato anche al passaggio, alla trasformazione, che, come in ogni religione, è anche un sistema di apertura e di chiusura, che isola nei confronti dello spazio circostante, e dove tutti possono entrarci, almeno quelli del naufragio e i nuovi arrivati, ma una volta entrati ci si accorge che in questa illusione non si è entrati da nessuna parte, si è fuori, o tutt’al più in piazza, dove c’è sempre una chiesa o quantomeno un contro-spazio che regola meticolosamente il tempo, anche se l’angelus non entra nell’orecchio dei naufraghi né al risveglio, né a mezzogiorno, né al crepuscolo, né a mezzanotte.
    Io ho parlato, per un romanzo di Morselli, una “contro-storia”, direbbe Gianfranco de Turris, dell’”eterotopia di reclusione” che è nella mancanza di desiderio e nella sua manchevolezza di principio, nel senso di qualcosa che manca, vi avrebbe detto Jacques Lacan, lasciandovi di stucco.
    Se è questa mancanza che rende speculare la manchevolezza di principio del desiderio, mi chiedo che cosa possa essere considerata la formula più generale dell’insorgere dell’Unheimliche in “Lost”: c’è questa sottrazione della libido ubiquista, d’accordo, ma chi si mostra desiderante su quell’isola?
    Oddìo, se andiamo a vedere, qualcosa che entra nell’orecchio c’è[no, non sono le tragiche scomparse, né i tradimenti, né i nuovi arrivi], ma vi sembra che sia davvero il (-φ) del fallo, anche se, a tratti, tra l’uretrale e il fallico, lampeggia questa mancanza di (-φ), solo che non è l’afflato dell’Angelo e quindi è come se i cattivi pensieri( del “remedium”, se fossimo nella contro-storia di Morselli) – come traccia tra angoscia e potenza dell’Altro – man mano che si procede nelle varie stagioni non si sa più dove vadano a finire(no,non vanno a finire nella botola dell’incidente elettromagnetico); ad un certo punto, mi sono detto:la libido dove cazzo va a finire se è nell’eterotopia dell’esclusione dell’Altro che sta vagando[che non equivale all’interrogativo-chiave di “Lost”: “Ma in che posto sono realmente finiti i sopravvissuti all’incidente aereo?”, e l’Altro- sia ben chiaro- non è uno degli “Altri”, la misteriosa comunità già presente sull’isola prima del disastro aereo]?
    E allora sono ritornato, prima, all’”oggetto del puro spirito” alla Klossowski[quello de “Le leggi dell’ospitalità”, ve lo ricordate? Ci fu un’ottima traduzione di Giancarlo Marmori per la Sugar negli anni Sessanta] e, poi, mi sono riconsegnato all’evocazione silenziosa, che è anche invocazione e perfino convocazione, e revocazione, con cui Gombrowicz solleva la cosa e la richiama all’occhio della mente, fuori dall’INSEL di “Lost” e dentro il BERG di “Cosmo”!
    Insomma, l’oggetto “a” in“Lost” non raggiunge mai quell’altezza di osservazione che a livello scopico permette di dissolvere, almeno nei passaggi dell’Angelus, l’angoscia che trattiene il desiderio di non vedere; ciò non toglie che non abbiate visto spesso apparire due falli, i due falli del Super-Io, e che l’oggetto degli oggetti, l’oggetto perduto ai diversi livelli dell’esperienza corporea, in cui l’oggetto “a” produce il suo taglio, non sia stato rinvenuto effettivamente come supporto, substrato autentico,desiderio che resta sempre desiderio del corpo: chiedete a Jacques Lacan o a Jean Baudrillard…(ma non dite niente a quelli del Cicap, per carità!): l’esotismo è morto,l’obiettivo in “Lost”a un certo punto non captava più la posa del faccia a faccia con la morte, non c’era segreto, il bagliore di impotenza e di stupefazione era tutto rattenuto nella telemorfosi, non c’era la fotografia a renderci conto dello stato del mondo in nostra assenza, l’inumano non voleva essere visto, figuriamoci se poteva essere fotografato…

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